LE RADICI DEVONO AVERE FIDUCIA NEI FIORI

Le radici devono avere fiducia nei fiori
Di Maria Gaglione
Radici di Futuro: così abbiamo titolato l’edizione 2025 della Convention. Nel cuore di un anno speciale: l’anno del Giubileo. Nel costruire il programma ci siamo lasciati ispirare dalle radici antiche, storiche, bibliche del Giubileo e ci siamo accorti che quelle radici – liberazione degli schiavi, remissione dei debiti, riposo della terra – parlano di presente e di futuro, anche all’economia. Lo abbiamo approfondito nella lettura teatrale Il furto del settimo giorno curata da Noi: Duo, lo abbiamo scoperto insieme partecipando alle diverse sessioni del programma.
Riscoprire le radici del Giubileo, però, ci ha suggerito anche un’altra riflessione. In botanica, le radici assorbono, ancorano, custodiscono, collaborano. Sono il sistema segreto che tiene viva ogni pianta. Ma… chi le guarda mai, le radici? A noi piacciono i fiori. Per vederle serve un trauma: una tempesta, un’alluvione, un terremoto. Eppure le radici ci sono sempre. Nel buio, nel profondo, nel silenzio: è lì che si prepara la primavera. Le radici non sono il passato, sono il presente e il futuro delle piante.
A Roma, sulla scalinata della Galleria d’Arte Moderna, una volta ho letto una frase della filosofa María Zambrano che dice: “Le radici devono avere fiducia nei fiori.” Questa frase mi ha molto colpita, perché è proprio così.
Le radici lavorano instancabilmente nel buio della terra, per un fiore di cui non conoscono il colore, né il numero di petali. Non lo vedranno mai: sboccerà alla luce del sole, nell’aria aperta, mentre loro resteranno nascoste nel sottosuolo. Eppure, si dedicano con cura e generosità, come se intuissero che quel fiore sarà meraviglioso, anche se diverso da come lo avevano immaginato. Come se il vero dono fosse, già e semplicemente, dedicarsi alla primavera, pur sapendo che non spetterà a loro farla sbocciare: il merito della fine dell’inverno andrà a quel fiore.
All’incrocio tra memoria del passato, gestione del presente e fede nel futuro, si gioca il destino di ognuno di noi, di ogni realtà umana – anche economica. Ecco perché “Radici di Futuro” parla anche di economia, parla anche all’economia, anche all’Economia di Comunione. Parla di una nuova economia, di un’economia possibile, capace di tenere insieme eredità e visione, di coniugare la saggezza dei legami con il coraggio dell’innovazione. Un’economia fondata sulla relazione, sulla cura, sulla giustizia. Immaginare una nuova economia è dunque un esercizio creativo, collettivo e un atto radicale: significa (anche) tornare alle radici profonde del vivere insieme per generare modelli nuovi. Le nostre radici sono comunità, valori, esperienze, storie. Non sono un peso che blocca, sono l’impulso che ci spinge verso il domani. L’unica nostalgia buona – ha detto qualcuno – è quella di futuro!
Un’ultima nota per concludere. Al Polo, qualche settimana fa, Cristina e Lia hanno fatto il rinvaso delle nostre piante. Un gesto fondamentale – ci hanno spiegato – che si fa in primavera, quando la pianta è in fase di crescita attiva e serve per dare alle radici, aria e spazio per crescere. A dirci che anche le radici hanno bisogno di tempo, di cura, di attenzione, che anche loro hanno bisogno della primavera, che non sono memoria secca, che anche loro sono in relazione, che grazie a loro, esistono i fiori. E nei fiori, bisogna avere fiducia, perché sbocceranno, magari un giorno qualunque mentre stiamo facendo altro, in un angolo che avevamo smesso di guardare. Un fiore è fantasia, è colore, è imprevedibilità. E noi – come le radici – siamo chiamati a fidarci. A credere nel cambiamento, nella trasformazione, in ciò che ancora non si vede. Perché quello che si vede bene ed è sotto gli occhi di tutti, non è tutto.
Radici di Futuro è questo: un invito a custodire ciò che conta, per generare ciò che ancora non c’è.