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21 Aprile 2024   |   Storie di vita e d'impresa

Giornata della Terra nell’Antropocene

All’inizio di questo secolo è stata coniata una nuova parola ritenuta più appropriata di altre a sottolineare il ruolo fondamentale dell’umanità circa la crisi ecologica. Si tratta di Antropocene. Con questo neologismo coniato dal biologo Eugene Stoermer e dal prof. Paul Crutzen[1] — quest’ultimo Premio Nobel per la Chimica nel 1995 — si vuole riconosce alla persona umana la capacità di essere diventata una forza geologica, in quanto capace di mutare globalmente con le proprie attività alcune qualità geofisiche del pianeta, l’equilibrio climatico che possiede e le condizioni della vita sulla sua superficie.

Antropocene, l’età dell’uomo, designa la nostra epoca segnata dall’illusione del dominio umano sulla natura e da una forte hybris, cioè da quell’eccesso, da quella insolenza nella violazione della misura, dei limiti che la persona umana incontra quotidianamente nelle sue relazioni con gli altri simili a lui, con Dio e con la realtà naturale. Una volta che il termine Antropocene, con tutto il suo carico antropologico, è stato accolto nell’ambito delle scienze naturali ne è ben presto uscito per abitare con successo le riflessioni delle scienze sociali e della filosofia.

Ma nella nostra epoca i cambiamenti sono repentini e già alcuni autori[2] hanno suggerito di sostituire il termine Antropocene con altri più adatti a descrivere i cambiamenti socio-culturali e ambientali in atto. Tra questi c’è il termine Tecnocene.

Esso non possiede tanto un senso critico nei confronti della tecnica quanto un implicito giudizio negativo verso le innovazioni tecnologiche la cui valenza nefasta, se non catastrofica, è determinata dalle ripercussioni del suo impatto sull’ambiente naturale. Tutto ciò però non lo rende adatto ad esprimere la nostra epoca poiché ne coglierebbe soltanto un aspetto, quello tecnologico, che sia pur rilevante non esaurisce la complessità delle problematiche che attanagliano i nostri giorni.

Rimanendo sul termine Antropocene ciò che lo accredita esaustivamente è la sua centralità antropologica riguardo la questione sul tipo di rapporto tra la persona umana e la natura che siamo invitati a ripensare. Centralità antropologica che ritroviamo ampiamente espressa nell’insegnamento di papa Francesco, in particolare in quella «riflessione insieme gioiosa e drammatica»[3] che è l’enciclica Laudato si.

Questo documento sulla cura della nostra casa comune, tra i vari meriti, ha quello di riprendere istanze centrali della dottrina sociale della Chiesa Cattolica in sintonia con alcuni caratteri del sentire contemporaneo fino al punto da risultare una vera e propria operazione di inculturazione del Vangelo.

Nel terzo capitolo dalla lettera enciclica, dal titolo La radice umana della crisi ambientale, si legge nel suo incipit:

«A nulla ci servirà descrivere i sintomi, se non riconosciamo la radice umana della crisi ecologica. Vi è un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e che contraddice la realtà fino al punto di rovinarla»[4].

Parole chiare e forti quelle di papa Francesco che ricordano quanto nella ricerca delle cause della crisi ambientale il solo lavoro tecnico/scientifico sia vano se non ci si inoltra nella ricerca delle cause ultime che hanno le loro radici nel profondo della persona umana, nel profondo di noi stessi.

Con queste incisive quanto significative parole viene sottolineato il carattere antropico della crisi e allo stesso tempo la rilevanza antropologica che essa possiede e manifesta agli occhi di chi cerca di affrontare tale crisi andando oltre il dato tecnico/scientifico — senza però ignorarlo — per ricercarne le radici profonde. La crisi ambientale è il campanello d’allarme di una profonda crisi antropologica figlia di una precisa concezione che l’uomo moderno e contemporaneo ha di sé.

Un uomo — e quindi un’umanità — che nella ricerca della propria autorealizzazione si è conformata e identificata più all’homo faber che all’homo sapiens, e si è autonominata padrona assoluta del proprio destino e della natura.

Foto de Mika Baumeister en Unsplash

Dinanzi a tale scenario la Giornata della Terra – divenuta un avvenimento educativo ed informativo a livello globale – ha la capacità e la possibilità di riproporre ai cittadini di tutto il pianeta la realizzazione di un rinnovato rapporto persona-natura, che miri a risolvere radicalmente i presupposti antropologici della crisi ambientale. Tale compito non sarà né facile, né semplice, ma è tra le sfide culturali più grandi ed urgenti che ci pongono i nostri giorni.

Sorge inevitabile a questo punto la domanda se tutto ciò sarà possibile senza l’acquisizione di una nuova sensibilità al bene comune dell’umanità, alla destinazione universale dei beni, alla fratellanza universale, e senza un radicale cambiamento nei propri comportamenti consumistici per una parte considerevole della popolazione mondiale.

La sfida lanciata dalla coscienza ambientale globale, espressa nella Giornata della Terra, esige e sollecita un modello antropologico (una figura di uomo e di donna, un tipo di persona) – per gran parte oggi ancora inedito: «Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo»[5] senza un nuovo umanesimo, ci ricorda papa Francesco.

Un modello antropologico nuovo in cui la persona umana si auto-comprenda né come dominatore secondo la prospettiva antropocentrica, né come un comune elemento biotico secondo la prospettiva fisiocentrica, ma come un soggetto cosciente e responsabile che è parte della natura ma che nel suo trascenderla si realizza esistenzialmente nel suo dar-si, nell’attuare cioè il dono-di-sé ai suoi simili e alla realtà naturale di cui anch’egli fa parte. Quindi un modello antropologico in cui si passi da un’ottica prevalentemente individuale ad un’ottica di comune-unione, da un’ottica di gruppo limitato ad un’ottica di famiglia umana globale.

E qui ogni autentica tradizione culturale è chiamata a dare il proprio contributo.

 

Sergio Rondinara
Professore di Epistemologia (Istituto Universitario Sophia)

[1] P. J. Crutzen, Geology of mankind, «Nature», 415 (3 January 2002), p. 23.

[2] Cf. G. Marzano, Antropocene, Tecnocene e altro: la sfida delle tecnologie digitali, in A. F. De Toni, G. Marzano, A. Vianello, Antropocene e le sfide del XXI secolo. Per una società solidale e sostenibile, Meltemi, Sesto San Giovanni 2022, pp. 56-59.

[3] Francesco, Lettera enciclica Laudato si’. Sulla cura della casa comune, LEV, Città del Vaticano 2015, n° 246. D’ora in avanti LS.

[4] LS 101.

[5] LS 118.

Foto iniziale by Javier Miranda in Unsplash.